La Glencore rappresenta la più grande azienda mondiale specializzata nel commercio delle materie prime, fondata negli anni Settanta da Marc Rich, cittadino statunitense di origini belga, che ha saputo negli anni dar vita ad una multinazionale che opera oggi su scala globale. La Glencore commercia, produce, raffina, spedisce o conserva metalli e minerali, prodotti energetici ed agricoli e nel maggio 2011 ha debuttato in Borsa, rinunciando in parte alla propria segretezza, ma non alla propria strategia aziendale.
Gli intermediari della Glencore operano in tutto il mondo e sono presenti anche in Italia, mediante il controllo della Portovesme Srl, azienda produttrice di piombo e zinco, mentre nel novembre 2012 la fusione della multinazionale con la compagnia svizzera Xstrata, ha dato vita ad un vero e proprio gigante del settore minerario e del commercio delle materie prime nel mondo.
La nascita della Glencore
Nel 1934 nasce in Belgio Marc Rich, il fondatore della Glencore, il maggiore intermediario al mondo nella produzione e nel commercio di materie prime che la Reuters ha definito in passato “la più grande azienda di cui non avete mai sentito parlare”(1).
Rich, trasferitosi con la famiglia negli Stati Uniti negli anni Quaranta, inizia la sua carriera nel 1954 come impiegato alla Philipp Brothers, al tempo la compagnia più importante nel commercio delle materie prime.
In pochi anni, il creatore della Glencore diviene un manager di medio livello, ma nel 1974 decide di fondare, insieme al suo collega Pincus Green, l’azienda Marc Rich & Co., a Baar, nel cantone di Zug in Svizzera.
Inizialmente, la nuova compagnia si concentra sul mercato dei metalli ferrosi e non ferrosi, dei minerali e del petrolio greggio e successivamente dei prodotti petroliferi raffinati, mentre nei primi anni Ottanta acquisisce una società olandese impegnata nel commercio dei cereali. Si creano, quindi, le basi per la nascita, all’interno della Marc Rich & Co., di un gruppo specializzato nel commercio di prodotti agricoli, affiancato da due ulteriori sezioni, concernenti rispettivamente i prodotti energetici, i metalli e i minerali.
Pochi anni dopo la nascita della sua società, Rich riesce a fare fortuna comprando petrolio dall’Iran, durante la crisi degli ostaggi americani, e dalla Libia di Muammar Gheddafi, quando il Presidente Ronald Reagan impone l’embargo commerciale ai prodotti libici, rivendendo il greggio a Paesi autoritari, quali il Sudafrica durante l’apartheid.
Gli accordi commerciali negoziati da Marc Rich negli anni Ottanta con l’Unione Sovietica, l’Iran ed il Sudafrica, concernenti la fornitura di uranio in cambio di petrolio, determinano l’intervento delle autorità statunitensi, e nonostante il fondatore della Glencore si fosse già rifugiato in Svizzera, il Dipartimento di giustizia degli Stati Uniti accusa lui e Pincus Green di racket, commercio illegale con l’Iran ed evasione fiscale (2). Si tratta della più grande accusa di frode fiscale della storia statunitense.
All’inizio degli anni Novanta, Rich tenta di conquistare, senza successo, il monopolio del mercato globale dello zinco, e tale intervento fallimentare lo costringe ad uscire dalla sua azienda mediante un’operazione di acquisizione della stessa da parte di manager interni.
I nuovi vertici decidono di rinominare l’azienda “Global Energy Commodities and Resources”, conosciuta con l’acronimo Glencore, guidata, a partire dal 2002, dall’amministratore delegato sudafricano Ivan Glasenberg, uno degli uomini più fidati di Rich, che all’inizio della sua carriera ricopre il ruolo di intermediario nel commercio del carbone.
La strategia vincente
Oggi, Marc Rich si è ritirato a vita privata, ma i nuovi leaders dell’azienda non hanno mai pensato di dover cambiare la formula del successo inventata dal fondatore della compagnia. Il principio cardine intorno al quale ruotano tutti gli affari della Glencore è piuttosto semplice: per avere profitti è necessario l’accesso alle risorse e per ottenere quest’ultimo fondamentali sono i contatti sul posto.
La Glencore è divenuta negli anni un gigante nel settore delle materie prime perché opera da sempre nei territori di frontiera e le sue attività si svolgono ai margini della mappa dell’economia mondiale.
L’azienda opera in Stati piuttosto instabili, in cui le altre multinazionali non intendono intervenire, ma l’audacia della Glencore l’ha resa l’intermediario delle materie prime per eccellenza, ovvero una compagnia che controlla oggi l’intera catena produttiva, poiché commercia, produce, raffina, spedisce o conserva metalli e minerali, prodotti energetici ed agricoli.
La Glencore coordina circa la metà del commercio mondiale di zinco e rame, circa un terzo del trasporto marittimo di carbone ed è, inoltre, uno dei maggiori esportatori di cereali a livello internazionale che gestisce anche il 3 per cento del consumo petrolifero giornaliero mondiale.
La strategia dichiarata della Glencore consiste nell’espansione delle proprie attività nei mercati emergenti, nella diversificazione delle operazioni, nell’aumento del capitale addizionale e della liquidità dell’azienda e nel dare assoluta priorità alle esigenze dei propri impiegati, dell’ambiente e delle comunità locali presso le quali opera (3).
Monitorando l’andamento dei mercati locali, la compagnia compra beni dove il prezzo è più basso, rivendendoli nelle aree in cui la quotazione è più elevata; sfrutta le oscillazioni selvagge dei prezzi acquistando materie prime ed immagazzinandole fin quando il prezzo ha raggiunto quote tali da garantire ricavi cospicui ed acquista materie prime che vengono trasportare in siti di lavorazione per creare prodotti nuovi il cui valore economico è superiore alla somma del valore dei singoli componenti, dei costi di trasporto e di trasformazione.
Per garantire il funzionamento di questa strategia, la Glencore può contare, inoltre, su un veloce e costante flusso di informazioni e un’efficiente sistema di trasporto delle merci (4).
La quotazione in Borsa
Il fondatore della compagnia decide di avviare i suoi affari in Svizzera perché in questo Stato l’attività imprenditoriale è protetta dal segreto bancario e aziendale, per l’insofferenza del governo svizzero nell’applicazione delle sanzioni internazionali e per la storica neutralità politica del Paese, che non è membro dell’Unione Europea ed è entrato a far parte delle Nazioni Unite soltanto nel 2002.
In seguito, nel maggio 2011, la Glencore debutta sulle piazze di Londra e Hong Kong, ma secondo Ivan Glasenberg questo cambiamento non ha alcuna influenza sul modo di operare e sugli affari della multinazionale delle materie prime (5). Per poter entrare in Borsa, l’azienda ha dovuto rinunciare in parte alla propria segretezza, ma questo rappresenta un’evoluzione della compagnia creata negli anni Settanta da Marc Rich. La strategia non cambia, ma la Glencore diviene più potente e più grande.
Nonostante la quotazione in Borsa esponga la Glencore a maggiori controlli, i dirigenti decidono di compiere questo passo perché sanno che i loro guadagni possono moltiplicarsi e perché l’azienda ha oggi bisogno di aumentare il proprio capitale per crescere a livello globale.
La trasformazione della multinazionale può significare la volontà della stessa di adattarsi alle nuove regole internazionali, tra cui il rispetto del principio della trasparenza, e secondo Marc Rich la nuova compagnia, che vanta ancora oggi una fitta rete di intermediari e partners d’affari, deve adattarsi ai nuovi tempi, nonostante il rispetto delle regole rappresenti un evidente limite alle attività della multinazionale.
La questione Glencore-Xstrata
Si è ormai compiuta, il 20 novembre 2012, la fusione tra la Glencore e la svizzera Xstrata, una delle più grandi società estrattive al mondo nel settore del carbone, del rame, dello zinco e di altri minerali, guidata dal sudafricano Mick Davis, che nasce da una separazione di ramo d’azienda dalla stessa Glencore, la quale controllava già il 34 % della compagnia.
Tale incontro ha dato vita ad un vero e proprio colosso planetario del settore minerario e del commercio delle materie prime, che controlla oltre cento miniere in cinque continenti e che possiede una divisione petrolifera dotata di una flotta più grande di quella della marina militare britannica.
Quando la Glencore presenta ufficialmente a febbraio l’offerta di acquisto di Xstrata, quest’ultima affronta le proteste di una parte dei propri investitori, contrari ai bonus milionari destinati ad incentivare gli alti funzionari dell’azienda mineraria a rimanere all’interno della stessa.
L’operazione di fusione rischia di naufragare quando il fondo sovrano del Qatar, in qualità di secondo azionista di Xstrata, chiede alla Glencore un miglioramento dell’offerta per l’acquisto delle azioni del gruppo minerario ed i negoziati si concludono con la proposta di 3,05 azioni Glencore per ogni azione Xstrata, con il beneplacito di Qatar Holding (6).
Nei giorni successivi all’annuncio della fusione, la Commissione europea, in nome di un’organizzazione internazionale che ha sempre considerato le due aziende svizzere come un’unica entità, ha approvato l’acquisizione di Xstrata, ma il via libera è condizionato alla cessazione dell’accordo di Glencore con il gruppo minerario belga-elvetico Nyrstar per la commercializzazione dello zinco nello spazio economico europeo e al disinvestimento della quota di minoranza di Glencore nella compagnia (7).
Il Commissario dell’UE alla concorrenza, Joaquin Almunia, ha affermato che i suddetti rimedi assicurano che la competizione nel mercato europeo dello zinco sia preservata.
Non dello stesso parere è l’Associazione europea dell’acciaio, EUROFER, la quale ritiene che l’operatore nato dalla fusione Glencore-Xstrata possa raggiungere la quota di mercato del 35 % in Europa, sfiorando così la soglia del 40% imposta dalla stessa Commissione europea per non incorrere nella fattispecie di abuso di posizione dominante (8).
Gli affari della Glencore nel mondo
La Glencore fa affari con dozzine di Paesi in tutti i continenti e la lista dei suoi clienti include aziende energetiche statali, come quelle di Brasile e India, e multinazionali statunitensi, quali ExxonMobil e Chevron, e secondo il rapporto della Deutsche Bank per gli investitori interessati al collocamento in borsa della Glencore, quest’ultima ha la capacità di adattarsi alle realtà delle “regioni di frontiera” e alle “giurisdizioni politiche impegnative”.
Gli Stati in un cui opera la multinazionale sono ricchi di risorse naturali, ma spesso guidati da leaders autoritari e caratterizzati da una forte instabilità. Per quanto riguarda il carbone, la Glencore possiede l’azienda colombiana Prodeco, mentre in relazione al petrolio la compagnia è presente nella Guinea Equatoriale, nella Costa d’Avorio, in Iran, in Russia e in Romania.
Nei rapporti tra la Glencore ed il regime iraniano, l’ubicazione della sede della multinazionale in Svizzera, Stato non membro dell’UE, ha permesso all’azienda, negli ultimi anni, di importare e commerciare il petrolio dell’Iran, nonostante l’embargo deciso a Bruxelles.
Altri prodotti chiave delle attività della Glencore sono il rame dello Zambia e della Repubblica Democratica del Congo, l’oro del Kazakistan e l’alluminio del Bahrein.
Par quanto concerne, invece, i servizi finanziari e la ricerca di eventuali paradisi fiscali, Glasenberg si serve delle prestazioni di Stati quali il Liechtenstein ed i Paesi Bassi (9).
In Italia, l’azienda leader nella produzione di piombo e zinco destinato al mercato interno, la Portovesme Srl., situata in Sardegna, è stata acquistata da una società sussidiaria della Glencore nel 1999, ma in questi ultimi mesi la multinazionale si è resa protagonista della trattativa per l’acquisto di un altro stabilimento di Portovesme, adibito alla produzione dell’alluminio, di proprietà dell’americana Alcoa dal 1996.
Nonostante l’iniziale interesse, la Glencore ha in seguito manifestato la propria rinuncia ad eventuali accordi mediante una lettera inviata al Ministro dello Sviluppo economico, Corrado Passera, e al governatore sardo, Ugo Cappellacci. La motivazione della mancata acquisizione della fonderia è legata al costo dell’energia elettrica, che secondo i manager della multinazionale è alla base delle rilevanti perdite subite dall’azienda; perdite che hanno poi condotto alla chiusura dello stabilimento italiano (10).
* Marzia Nobile, laureata in Scienze Politiche e Relazioni Internazionali presso l’Università “La Sapienza” di Roma
(1) Silverstein K., A Giant among Giants, 2012, www.foreignpolicy.com; Glencore: Reaping Huge Profits From Life’s Essentials, 2012, www.savingiceland.org.
(2) Marc Rich, 2010, www.forbes.com; Marc Rich indicted in vast tax evasion case, 1983, www.nytimes.com; Nel 2001, il Presidente Bill Clinton “perdona” Marc Rich per le accuse pendenti da 18 anni.
(3) Strategy, www.glencore.com
(4) Glencore “sbanca” in borsa e diventa sempre più marittima, 2011, www.ship2shore.it
(5) Glencore in Borsa a 530 pence, 2011, www.ilsole24ore.com
(6) L’affare Glencore-Xstrata, 2012, www.lospaziodellapolitica.com; Glencore-Xstrata, fusione approvata ma senza incentivi, 2012, www.ilsole24ore.com
(7) Glencore: OK Ue condizionato ad acquisizione di Xstrata, 2012, www.corriere.it; Glencore-Xstrata, ok condizionato dall’Antitrust Ue, 2012, www.eventiquattro.ilsole24ore.com; EU gives conditional approval to Glencore-Xstrata deal, 2012, www.economictimes.indiatimes.com
(8) Eurofer Slams Approval of Glencore-Xstrata Merger, 2012, www.foxbusiness.com.
(9) Silverstein K., The World According to Glencore, 2012, www.foreignpolicy.com
(10) Alcoa, la Glencore rinuncia all’acquisto, 2012, www.corriere.it